“Il mantello di Rut”, il mio romanzo edito da Feltrinelli che esce martedì 14 gennaio 2025, ha avuto una lunga gestazione. L’ho preso in mano e abbandonato diverse volte.
Nel 2022, quando lasciai Repubblica, trovai il coraggio di finirlo. Non era un periodo facile. Lasciare il giornale nel quale ero entrato nove anni prima fu un salto nel buio. Anche se avevo i miei buoni motivi per andarmene. Fra questi, la spinta a essere qualcosa di diverso da ciò che ero.
“Il mantello di Rut”, “un romanzo potentissimo” come lo ha definito il mio editore presentando la copertina sul suo profilo Instagram, lo considero un primo passo in quella direzione, un nuovo inizio.
È liberamente ispirato a una storia vera accaduta durante l’occupazione tedesca di Roma dal settembre del 1943 al giugno del 1944. Vi ho messo tutto me stesso, dalla prima all’ultima riga.
Il mantello di Rut, la storia
Remo, nel 1926, ha appena dodici anni quando la madre lo lascia davanti all’ingresso del Seminario Pontificio, vicino alla basilica di San Giovanni in Laterano. Rimasta da poco vedova, con quattro figli da sfamare, non ha avuto altra scelta che affidarlo alla Chiesa.
Nel 1943, mentre la città è occupata dai tedeschi, è un’altra madre a cambiare per sempre la vita di Remo. Un incontro che farà vacillare tutte le sue certezze. Lui è diventato il parroco di una chiesa nel quartiere Monti, accanto al Collegio dei Catecumeni. Lei è Rachele, giovane vedova che una notte, poco dopo il famigerato rastrellamento al Portico di Ottavia, gli affida la piccola Aida perché la prenda sotto il suo mantello e la protegga finché lei non sarà tornata. Remo e Aida la aspetteranno per anni.
Ispirato a fatti realmente avvenuti durante la Shoah romana, quando venti bambine ebree riuscirono a salvarsi dalla deportazione grazie all’aiuto di un prete e di alcune suore che le nascosero in una stanza segreta – ancora oggi visitabile – ricavata sotto la cupola della chiesa della Madonna dei Monti, Il mantello di Rut, che nella Bibbia evoca fedeltà e protezione, è la struggente lettera che Remo, ormai anziano, decide di scrivere ad Aida per raccontarle di quei mesi.
Così Feltrinelli ne scrive sul suo sito: “Una storia che si fa confessione di un amore impossibile e di uno straordinario atto di fede, perché la promessa fatta a Rachele segnerà il suo destino. Con mano sapiente e delicata, Paolo Rodari spinge il lettore a porsi una domanda cruciale: fino a che punto è giusto sacrificarsi per amore?”.