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Wolfang Fasser, l’eremita diventato semplicemente “uno che ascolta”
Da tre anni Wolfgang Fasser, uno dei più noti custodi del silenzio, fra i fondatori assieme a don Luigi Verdi della Comunità di Romena, ha deciso di tornare nella sua città natale, Glarus, sulle montagne svizzere fra Coira e Zurigo. E qui, per una decisione maturata con convinzione, vivere nell’anonimato e nel semplice ascolto delle persone che incontra.
lucioluci

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«Oggi sono semplicemente un uomo che vive e che ascolta chi incontra e questo mi basta. Non sono più quel famoso musicoterapista non vedente che per oltre trent’anni a Quorle ha guidato gruppi di persone di notte nei boschi ad ascoltare la voce della natura».

Da tre anni Wolfgang Fasser, uno dei più noti custodi del silenzio, fra i fondatori assieme a don Luigi Verdi della Comunità di Romena, ha deciso di tornare nella sua città natale, Glarus, sulle montagne svizzere fra Coira e Zurigo. E qui, per una decisione maturata con convinzione, vivere nell’anonimato: «Nessuno conosce il mio passato in Italia -racconta -. Per tutti non sono altro che Wolfgang, un uomo che dopo trentacinque anni all’estero ha deciso di tornare a casa».

«Certo – continua – ogni tanto accompagno ancora, come un tempo, gruppi di persone in camminate filosofiche a contemplare la bellezza della natura attraverso antichi sentieri che conducono ai piedi di un abete secolare o appena sotto le grandi pareti rocciose del Vrenelis Gärtli. Sono luoghi evocativi di forza e di rigenerazione. Esco di casa da solo, in qualsiasi stagione, e con il mio bastone bianco percorro mappe memorizzate nella mia mente quando ero piccolo e potevo vedere. I passanti capita mi fermino. Li ascolto e dialogo con loro, e quindi ritorno a casa. Ho impiegato una vita a scoprire che qui risiede la felicità: nel non avere etichette, nel non essere qualcuno o qualcosa se non, semplicemente, un uomo che vive e partecipa alla vita».

E ancora: «Essere qualcuno è una trappola. Tutti cercano di diventare qualcuno, di diventare famosi e di lasciare una traccia nella storia. E il riconoscimento, non lo nego, può essere cibo per l’anima. Ma poi non basta. A un certo punto si può arrivare a comprendere che si anela a liberarsi dalle etichette così da essere soltanto un uomo che ama e che accoglie, ama e ascolta, e si dedica a quello di cui la comunità ha bisogno e la vita chiede».

Wolfgang Fasser, dove tutto è iniziato

Per Fasser la vita è evoluzione. Come ha raccontato ne “Il custode del silenzio” (Chiarelettere) assieme a Silvia Pettiti, l’inizio non è stato facile. Fasser, infatti, scopre in giovane età di essere affetto da una retinite pigmentosa che lo porterà alla cecità, come due dei suoi quattro fratelli e sorelle. La scoperta lo annichilisce. Ma si rialza. Si butta nello studio fino a frequentare una scuola di fisioterapia a Zurigo e poi trovare lavoro.

Dopo alcune esperienze nell’ambito della psicanalisi junghiana e della psicologia transpersonale, studia ancora fisioterapia in Gran Bretagna, Canada, Nuova Zelanda, fino ad approdare come volontario, negli anni Ottanta, al Paray Hospital di Thaba Tseka (Lesotho). Qui unisce la medicina tradizionale allo sciamanesimo scoprendo l’importanza di un approccio di cura che riequilibri le energie del corpo, della psiche e dell’anima.

È alla fine degli anni Ottanta che arriva a Quorle, avvicinandosi come terapeuta – lo racconta diffusamente Mariangela Maraviglia nella rivista “Il Regno” – a personalità cruciali del cattolicesimo novecentesco quali il camaldolese padre Benedetto Calati e don Verdi. Con quest’ultimo e un gruppo di amici fonda la Fraternità di Romena e progetta di restaurare una chiesetta abbandonata con annessa casa parrocchiale. Vi si trasferisce dando avvio all’Eremo di Quorle e all’offerta di accompagnamento di persone e gruppi per momenti di silenzio e di vita condivisa e per passeggiate notturne nei boschi, alla scoperta di quel “giardino dei suoni” che la natura offre a chi sappia ascoltarla.

Quindi, ancora, la scoperta della musicoterapia alla Pro Civitate Christiana ad Assisi e la costruzione di un Atelier per l’accompagnamento di bambini con gravi disabilità. Da sempre si nutre degli scritti di diversi maestri dello spirito. I libri di Martin Buber, anzitutto, quindi Jiddu Krishnamurti, Desmond Tutu, Albert Nolan, Nelson Mandela. Anche grazie a loro impara a liberarsi dai condizionamenti negativi che provengono dalla società e dalle ideologie per vivere anonimamente per il divino che trova ogni giorno dentro di sé.

L’ultima evoluzione di Wolfgang Fasser

«La formazione religiosa di nascita – spiega – è come un aeroplano che permette di fare un viaggio, ma dopo bisogna scendere per trovare Dio personalmente e semplicemente in ogni cosa e in ogni istante. Infatti, per lasciare spazio al divino nella vita quotidiana, bisogna anche liberarsi da sé stessi, cioè dalle immagini, dalle pretese e dagli ideali che abbiamo al riguardo».

E ancora: «Molti incontri che faccio sono casuali. Pochi giorni fa in stazione, ad esempio, ho incontrato una donna con evidenti difficoltà psichiche. Ho capito che aveva bisogno di un prossimo. Così, mentre aspettavamo il treno, abbiamo parlato e ci siamo conosciuti». Sullo sfondo c’è l’eco della “spiritualità del vetro rotto” appresa dall’Abbè Pierre con il richiamo ad accogliere il limite dell’altro ed anche la forza dell’avvertirsi comunità prima che individui appresa dai guaritori sciamani del Lesotho, indicato con la parola “ubuntu” in Sudafrica, al fine di diventare più umani attraverso l’umanità degli altri.

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